La lezione delle comunità vegetali: modello per il futuro | Stefano Mancuso

Le comunità sono uno dei veri motori della natura, della sopravvivenza delle specie. Un esempio straordinario viene dalle piante: in una foresta, gli alberi non sono entità separate, ma parti di un superorganismo interconnesso. Attraverso le radici e le reti sotterranee, si scambiano informazioni, nutrimento e acqua, garantendo la sopravvivenza del gruppo. Le piante mettono in atto quelle idee comunitarie per cui ciascuno deve ottenere ciò di cui ha necessità da ciascuno, secondo le proprie possibilità. Questo comportamento non è guidato da altruismo o etica, ma principalmente dall’efficienza. Collaborare aumenta le probabilità di sopravvivenza di ciascun individuo e rafforza la stabilità dell’ecosistema. Un ceppo di albero tagliato, ad esempio, può continuare a vivere grazie al supporto degli altri alberi, che gli forniscono le risorse necessarie. Da esseri umani ci potremmo chiedere come sia possibile che l’evoluzione abbia premiato queste tipologie di comportamenti quando noi pensiamo che l’evoluzione premi il beneficio del singolo. Ebbene, la questione fondamentale è proprio questa. Il gruppo coeso, che condivide, ha maggiori possibilità di sopravvivere insieme di quanto ne avrebbe l’individuo singolo. Purtroppo, però, il discorso sul cambiamento climatico e sulle misure da prendere per contrastarlo sono molto lontani da queste logiche. Questo anche a causa della difficoltà che come società abbiamo nel comprendere e trattare temi complessi. Secondo l’Ocse gli italiani sono tra i peggiori in Europa per comprensione del testo e matematica. Se problemi elementari risultano ostici, affrontare temi come il cambiamento climatico o la sostenibilità diventa quasi impossibile. Viviamo in un’epoca in cui prevale la semplificazione estrema: tutto deve essere ridotto a slogan, a opinioni contrapposte, a una narrazione in bianco e nero. La realtà, però, non è così. C’è molta complessità e sono necessari senso critico e capacità di analisi, per questo investire in educazione è fondamentale per colmare questo divario. Inoltre, problemi come quello del riscaldamento globale ci impongono di riflettere su cambiamenti strutturali del nostro modo di vivere e spesso questo porta a un rifiuto psicologico: il nostro cervello tende a scegliere la strada che richiede meno energia, evitando l’impegno cognitivo di analizzare questioni intricate.

Tra questi due riferimenti aggiungerei anche un altro fattore che, a mio avviso, ha fortemente a che fare con la comunità: quello di coraggio, inteso nella sua natura etimologica “cor agere”, cioè “mettere in forma il cuore”, per “morire” come soggettività e poter rinascere come comunità. La comunità, infatti, non è solo un processo di natura organizzativa ma è soprattutto un processo di natura emotiva.

Esistono, però, esempi virtuosi di comunità che stanno reagendo a questa tendenza. Le comunità energetiche, ad esempio, rappresentano una soluzione concreta e innovativa. Basate sulla condivisione dell’energia rinnovabile, dimostrano che cooperare porta vantaggi tangibili per tutti. L’idea stessa di comunità energetica incarna due concetti fondamentali: collaborazione e sostenibilità. Oltre a questo c’è un lavoro importante da fare per garantire una giusta transizione e le Fondazioni possono giocare un ruolo molto importante. Il primo passo che serve fare è abbandonare la visione settoriale e adottare un approccio integrato. Natura e cultura, ad esempio, non sono elementi separati, ma parti di un unico sistema interconnesso. Il patrimonio culturale non si limita a musei e palazzi storici: comprende anche il paesaggio, l’ambiente e la natura che hanno plasmato l’identità del nostro Paese. Proteggere il territorio significa proteggere la nostra storia. Se non si investe nella sostenibilità, questa bellezza rischia di andare perduta. Comprendere questa interdipendenza è il primo passo per costruire una società più consapevole, resiliente e sostenibile. E, forse, guardando al modello delle comunità vegetali, potremmo trovare ispirazione per creare un mondo migliore, basato sulla collaborazione anziché sulla competizione.

Questo testo è stato originariamente pubblicato sulla rivista Fondazioni nel numero di marzo 2025, dedicato alla crisi climatica

Stefano Mancuso – Neuroscienziato e saggista